Uscire dai debiti: la soluzione per cittadini e piccole imprese dalla Legge 3-2012

Introdotta nel 2012 per permettere anche ai consumatori e alle piccole imprese che non riescono a far fronte ai propri debiti di trovare una via d’uscita dalla situazione di crisi, la legge 3, anche conosciuta come “legge antisuicidi”, è stata fino ad oggi scarsamente utilizzata. Remore culturali e poca informazione hanno penalizzato il ricorso a norme che possono consentire a privati cittadini e a piccole imprese non soggette al fallimento di arrivare a un accordo agevolato con i creditori e di estinguere il proprio debito.

Si tratta invece di una chance che, soprattutto oggi, è bene  considerare e conoscere, viste le difficoltà economiche causate dall’emergenza coronavirus, perché può consentire a consumatori e piccole imprese di ripartire.

La legge

La legge 3 del 27 gennaio 2012 disciplina le situazioni di sovraindebitamento, ossia di crisi o di insolvenza dei soggetti esclusi dal fallimento: comuni cittadini, consumatori, professionisti, imprenditori non commerciali, o imprenditori commerciali molto piccoli che non raggiungono i requisiti dimensionali richiesti per il fallimento.

Le procedure sono tre: piano del consumatore, accordo di composizione delle crisi e liquidazione.

Il piano del consumatore

È la prima delle procedure previste dalla legge 3 ed è rivolta ai soli consumatori, ossia alle persone fisiche che si sono indebitate per motivi personali o per scopi estranei all’attività d’impresa o commerciale eventualmente svolta. Le ragioni possono essere le più diverse: perdita del lavoro, riduzione dello stipendio, spese mediche, riparazioni immobiliari improcrastinabili, etc.

È una procedura che non prevede la votazione dei creditori, ed ai quali è consentito solo sollevare contestazioni. In altre parole, i creditori sono soggetti eventuali della procedura, i cui soggetti necessari sono solo il debitore, il giudice e l’Occ. Il debitore formula una domanda relativa a una proposta di soddisfacimento dei creditori, dal contenuto libero; e la presenta, attraverso l’Occ, al giudice competente, il quale accerta la meritevolezza del debitore e procede all’omologazione del piano verificandone la fattibilità.

L’accordo di composizione

Questa procedura può essere utilizzata da tutti i soggetti esclusi dal fallimento e quindi sia dagli imprenditori non fallibili che dai professionisti e dai consumatori.

Oggi questi ultimi, in particolare, possono quindi scegliere fra il piano del consumatore, riservato esclusivamente a loro, e l’accordo di composizione. A differenza del piano, l’accordo richiede il voto favorevole dei creditori (ed è assimilabile infatti al concordato preventivo): per l’esattezza, in una maggioranza pari al 60% dei crediti ammessi al voto. Per i creditori può essere preferibile un pagamento spontaneo, anche se ridotto, piuttosto che una procedura esecutiva costosa e con tempi ed esiti imprevedibili.

Per il consumatore, in linea di principio, il piano appare preferibile, perché non richiede il voto dei creditori, ma è forse più aleatorio, poiché la sua omologazione è rimessa alla valutazione del tribunale. Nel caso dell’accordo, invece, l’elemento decisivo è il voto dei creditori, del quale il tribunale deve prendere atto: il consumatore sarà quindi più tentato dall’accordo nei casi in cui potrà confidare nel voto favorevole della maggioranza.

La liquidazione

Come l’accordo di composizione della crisi è assimilabile al concordato preventivo, così la liquidazione lo è al fallimento, del quale riproduce e riprodurrà, mutatis mutandis, svolgimento e finalità. Questo vuol dire che, in linea di massima, la liquidazione è funzionale alla pura e semplice vendita dei beni che compongono l’attivo, per ripartirne il ricavato fra i creditori.

Il Codice della crisi

In futuro la legge 3/2012 confluirà nel Codice della crisi, con diverse modifiche.

L’entrata in vigore è stata però rinviata al 1° settembre 2021 (era prevista il 15 agosto 2020). Fra gli obiettivi delle modifiche c’è anche il maggior successo delle procedure: dai dati 2018 emerge che sia per gli accordi che per i piani del consumatore il 60 % dei procedimenti non va a buon fine e si chiude o con la rinuncia da parte del debitore a proseguire l’iter o con la chiusura d’ufficio da parte dell’Occ. La ragione spesso sta nel fatto che il debitore è privo di denaro da offrire

ai creditori, o comunque è privo di risorse. Una delle novità più importanti riguarda proprio l’esdebitazione e permette al debitore (una sola volta, e salvo l’obbligo di pagamento entro i quattro anni successivi in caso di ulteriori entrate) di godere della liberazione dai debiti non onorati anche quando non offra alcuna utilità ai

creditori.

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