CIRCOLARE DEL 30/04/2018

 

STOP AL PAGAMENTO DI STIPENDI IN CONTANTI DAL 1 LUGLIO 2018

Dal 1° luglio 2018 tutte le retribuzioni dei lavoratori dovranno essere pagate con modalità che consentano la tracciabilità dei flussi finanziari. I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato. Il nuovo dispositivo normativo si trova nell’art. 1, commi 910-914, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. Infatti, la nuova disciplina pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017 (Supplemento Ordinario n. 62) stabilisce che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o i committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, solo tramite il sistema bancario o postale eseguendo la transazione con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. Lo stesso legislatore ha precisato che con il termine «impedimento» si debba intendere uno stato comprovato ed il delegato a ricevere il pagamento sia il coniuge, o il convivente ovvero un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni. Ma non è finita qui. Il Parlamento ha voluto precisare che per «rapporto di lavoro» si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della Legge 3 aprile 2001, n. 142. E per giunta, la norma esplicita che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga «non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione». Per dare maggiore efficacia e diffusione culturale ed operativa dell’obbligo della tracciabilità dei flussi finanziari, il decisore delle leggi ha imposto ai datori di lavoro così come ai committenti che trasgrediranno la norma una sanzione a livello amministrativo per ogni violazione, tramite il pagamento di una somma pecuniaria che va da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 5.000 euro. Tuttavia, va evidenziato che sussistono delle deroghe a questo obbligo perentorio. Le disposizioni sulle modalità di pagamento non si applicano né ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, né a quelli di cui alla Legge 2 aprile 1958, n. 339 “Per la tutela del rapporto di lavoro domestico” rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

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